Oratorio Campestre di San Salvatore

Monumento: Oratorio campestre di San Salvatore

Ubicazione: Pietrabruna, passo di San Salvatore (m. 713)

Datazione generale: secoli XV-XX

Descrizione generale: L’edificio consta di un’aula rettangolare allungata dalla muratura eterogenea e priva in apparenza di un’abside e una facciata nettamente distinta. L’ingresso si colloca lungo il fianco che guarda verso la Valle del San Lorenzo e consente l’accesso al volume dealbato e affrescato dell’interno. In questo settore dell’oratorio, infatti, Qui, , in ossequio alla sua suddivisa  ata di forma ellittica, dotata di una facciata a capanna dal profilo lievemente irregolare e coronata, a est, da un’abside semicircolare di età romanica. Il portale maggiore dalle linee gotiche conserva un affresco piuttosto sciupato databile al 1481 e prende posto al centro della facciata, mentre gli ingressi minori si trovano in posizione speculare lungo la porzione mediana dei fianchi laterali. Una teoria di finestre rettangolari e a semiluna di età barocca trafora il margine superiore dell’edificio. Le pareti interne risultano interamente intonacate, a eccezione della muratura dell’abside, e il pavimento conserva ancora una coppia di balaustre in pietra sagomate a mò di rustiche panche, che divide in due zone nettamente distinte il volume architettonico: a ovest, il settore tardomedioevale destinato un tempo agli uomini; a est, il volume corrispondente all’aula romanica, dove sedevano le donne e dove prende posto il presbiterio.

Stato di conservazione: Nel dicembre del 1983 l’edificio ha subito il crollo del porticato d’ingresso che si addossava alla muratura della facciata e che, sin dalla prima metò del Seicento, riparava i fedeli devoti come i semplici viandanti di passaggio. Un intervento sciagurato che, oltre a compromettere la statica generale della chiesa, ha condannato il brano affrescato nel lunotto del portale maggiore a una difficile sopravvivenza. A distanza di pochi anni, fra il 1987 e il 1990, fu avviata un’estesa campagna di restauro volta al consolidamento e alla parziale integrazione delle lastre di copertura del tetto e della pavimentazione. Qui, in particolare, è stato rimesso in luce un tratto del pavimento quattrocentesco in lastre irregolari di pietra e terra pressata che prende posto oltre la balaustra mediana, ovvero all’interno dell’aula romanica.

Cenni storici:

antica parrocchiale di Pietrabruna, la chiesetta di San Gregorio Magno sorge in posizione isolata al centro del cimitero, ovvero ai piedi del borgo fortificato, e rappresenta il più antico edificio religioso che si conserva nell’intera Valle del San Lorenzo. La sua intitolazione, rara in Diocesi di Albenga, è indice di comprovata seriorità e può farsi risalire al tempo della riforma ecclesiastica avviata dai monaci cluniacensi e benedetta dal pontificato di Gregorio VII nel corso dell’XI secolo. Non a caso, la sua prima citazione nota risale al 1103, anno in cui il vescovo di Albenga Aldeberto sottoponeva l’allora “capella sancti Gregorii” alla pieve matrice di Santa Maria Assunta dei Piani di Imperia (“curiam Pradariolam”) e alle cure materiali e spirituali dei vecchi confratelli benedettini dell’isola di Saint-Honorat di Lérins. A quell’epoca, l’edificio rientrava nel novero delle chiese da costruirsi, o in via di costruzione (“ecclesias costruendas”), e, in tal senso, il decoro ad archetti pensili e la struttura muraria del catino absidale ne sono la testimonianza più evidente. Durante il XV secolo la cappella romanica fu sottoposta a una nuova radicale campagna di ristrutturazione, che ne preservò la porzione orientale (l’abside e una parte dei fianchi laterali) per modificarne il volume architettonico complessivo. In quell’occasione, infatti, l’edificio venne ampliato e allungato verso ovest in modo da aumentarne la capienza massima e creare una nuova facciata gotica che, oggi fortemente rimaneggiata, si riassume nelle linee acute del portale maggiore. Allo stesso tempo, venne organizzato un nuovo sistema di ingressi funzionale ai percorsi devozionali e quotidiani degli uomini di Pietrabruna, di finestrature laterali e, infine, fu creata una coppia di tozze balustre in pietra che fendevano l’area mediana della navata. Si tratta di un raro esempio di separazione architettonica un tempo estremamente diffuso nel Ponente Ligure, ma che pochissimi edifici hanno conservato (cinque in tutto, fra cui la chiesa di Sant’Antonio Abate), che era destinato a separare gli uomini dalle donne durante la celebrazione delle cerimonie liturgiche. Verso il 1481 il lunotto archiacuto che sormonta il portale maggiore venne affrescato da una bottega itinerante di pittori piemontesi (i fratelli Tommaso e Matteo Biazaci da Busca e il giovane Pietro Guido da Ranzo) con una “Sacra Conversazione” raffigurante la Vergine col Bambino fra i santi Gregorio Magno e Matteo Evangelista. Il dipinto, oggi piuttosto sfiorito, rappresenta un documento importante per la storia della comunità locale, poiché attesta l’esistenza di un oratorio dedicato a san Matteo Evangelista nel centro del borgo che, nei secoli centrali del Medioevo, era cresciuto compatto lungo la linea di crinale e, forse, anche l’avvio di un lungo iter di riconoscimento dell’autonomia parrocchiale.

Nel corso del Cinquecento, l’edificio continuò a polarizzare le attenzioni devote della comunità di fedeli e a consevare, sia pur sempre più precariamente, il ruolo di luogo privilegiato per le adunate generali dell’Universitas, ovvero del popolo, e il rango di  parrocchiale. Ciò nonostante, la ricostruzione dell’oratorio quattrocentesco dedicato a San Matteo fra 1534 e 1539, posto in posizione più comoda per la popolazione, e il contemporaneo aprirsi delle incursioni turco-barbaresche diedero avvio a un lento processo di decadenza. Ad ogni modo, nella prima metà del Seicento, quando la chiesetta cimiteriale aveva ormai ceduto in condominio il ruolo di parrocchiale alla chiesa dei Santi Gregorio e Matteo Evangelista, ebbe luogo una nuova campagna edilizia. In quell’occasione, alla muratura della facciata venne addossato un porticato dotato di una campata rettangolare voltata a crociera, che era destinato a ricovero temporaneo per i viandanti e i fedeli che sciamavano lungo la mulattiera storica che risaliva la valle in direzione del crinale occidentale, del passo di San Salvatore e dei pascoli comuni (le “bàndite”, o “bandìe”, e i campi comuni, o “Campi Cumìn”) del Monte Follia e del Monte Faudo. L’addizione seicentesca, che un tempo garantiva un’adeguata protezione all’affresco del portale maggiore, è stata inavvertitamente demolita nel dicembre 1983 e, oggi, lamentiamo la perdita di un interessante snodo viario locale e a un tempo di un episodio defilato, ma non meno interessante della pittura tardogotica del Ponente Ligure. La campagna di ristrutturazione seicentesca comportò, inoltre, la stesura di numerosi strati di calce viva sulle pareti interne (in ossequio ai dettami della Controriforma e alle coeve misure di profilassi contro le cicliche pestilenze che si verificavano in zona), la risistemazione dell’altare maggiore secondo l’imperante gusto barocco e, infine, la sopraelevazione generale delle falde di copertura. Un intervento che implicò l’adozione di un minuscolo campanile a vela, costruito in posizione eccentrica a corona della facciata, e di un nuovo sistema di illuminazione laterale. Non solo. Il pesante rimaneggiamento ebbe delle ripercussioni sulla statica dell’edificio (che a partire da quest’epoca manifesta ciclici problemi di conservazione) e mutò nuovamente i caratteri costruttivi già eterogenei della facciata, dei fianchi e della calotta absidale, la cui decorazione pensile fu parzialmente danneggiata, grossolanamente ricomposta e, quindi, definitivamente occultata da uno spesso strato di intonaco. Con la fine delle aggressioni perpetrate dai pirati turchi e con il definitivo passaggio di testimone alla chiesa dei Santi Matteo e Gregorio, l’antica parrocchiale rimase isolata ai piedi del borgo e nondimeno continuò a essere officiata il giorno della festività del santo titolare e dei morti, continuando a svolgere tuttora il ruolo di cappella cimiteriale del borgo.

Pietrabruna