Chiesa parrocchiale della Natività di Maria Vergine

Monumento: Chiesa parrocchiale della Natività di Maria Vergine

Ubicazione: Lingueglietta

Datazione generale: Fine sec. XII-XVIII sec.

Descrizione generale: La chiesa possiede una pianta a tre navate di origine duecentesca, sostenuta da una serie di colonne in pietra nera che, soltanto in parte visibili, presentano un’anomala svasatura verso l’alto. La facciata, originariamente a salienti, è un vero palinsesto delle principali fasi edilizie che hanno interessato il corpo di fabbrica fra Medioevo ed età moderna. Nello specifico, si riconoscono: le quote relative alle sopraelevazioni di epoca quattro-cinquecentesca che hanno investito le navate laterali e le falde di copertura duecentesche; il porticato cinquecentesco che ripara il portale classicheggiante dell’inizio del Seicento; e, infine, le addizioni barocche che ampliarono ulteriormente il respiro laterale e superiore dell’edificio fra XVI e XVII secolo. Al suo interno, la chiesa nasconde l’ossatura medievale per vestirsi di una magnifica livrea barocca, con una serie di cappelle e di altari in marmo scolpito, colonne tortili e cornici a stucco policromo. Particolarmente interessante anche il tabernacolo marmoreo quattrocentesco lavorato a racemi vegetali che prende posto sulla parete destra del presbiterio, dove spicca la figura patente di un Cristo deposto.

Stato di conservazione: L’edificio, particolarmente suggestivo per via delle stratificazioni edilizie che si leggono in facciata e all’interno, è stato oggetto di una campagna di restauro nel 1967-1968. Un’opera di ripristino e scrostamento parziale degli strati di calce e intonaco che ricoprivano la facciata e parte dell’interno. Dopo l’intervento di consolidamento e di demolizione delle superfetazioni ottocentesche, la facciata e parte dell’originale colonnato interno si presenta nuovamente leggibile e versa ancora in un buon stato conservativo. Più deficitaria, tuttavia, appare la conservazione dei brani affrescati cinque e seicenteschi che s’incontrano all’interno.

Cenni storici:

Certamente esistente nella prima metà del XII secolo (1153 circa), la chiesa della Natività di Maria Vergine sorge sull’area pianeggiante del poggio a cui è aggrappato il borgo più antico di Lingueglietta, all’interno delle mura che cingevano il castrum e il castello soprastante dei Signori di Lingueglia. Non sono del tutto chiare, a questo proposito, le relazioni intrecciate dalla famiglia feudale nei confronti dell’edificio durante il Medioevo. Di certo, i più antichi documenti di epoca romanica pongono l’accento soprattutto sul rapporto profondo che l’Universitas locale, ossia la comunità, il popolo di Lingueglietta (all’epoca Linguilia o Vinguilia), instaurò da subito con la matrice del piviere occidentale della Valle del San Lorenzo (cui erano sottomesse le future parrocchiali di Boscomare, Torre Paponi, della San Lorenzo “della Lingueglia” e di Cipressa-Costarainera).

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La chiesa della Natività, infatti, fu da sempre la principale sede di rappresentanza civica della Communitas Linguiliae e formò presto un polo di aggregazione civica e religiosa opposto al castello dei Lingueglia che, sino all’epoca napoleonica, sorgeva sulla collinetta antistante. È la facciata dell’edificio a raccontare la successione delle fasi edilizie che hanno investito il suo corpo di fabbrica e, dunque, la sua lunghissima storia. Il profilo a salienti della chiesa primitiva, databile tra la fine del XII e gli inizi del XIII secolo, si riconosce ancora al centro della muratura. Essa era dotata di un impianto a tre navate, le due laterali più basse rispetto a quella centrale, e probabilmente di una testata absidale voltata a croce, secondo uno schema planimetrico piuttosto diffuso in area ligure fra Due e Trecento, specie fra gli Ordini Mendicanti. Risale con ogni probabilità al pieno Duecento l’inserimento della bella trifora gotica che oggi s’intravede appena dietro la copertura del porticato cinquecentesco e che, un tempo, andò a sostituire forse un più modeto oculo romanico (non molto diverso da quello che ancora si conserva sulla facciata di San Pietro).

Nel corso del Quattrocento, poi, l’impianto basilicale fu nuovamente ripreso al fine di rialzare le quote delle navate laterali e, dunque, di risistemare le tozze colonne duecentesche che esistevano all’interno. Si tratta di un restauro molto particolare che, a quanto si può giudicare dalle parti ancora in vista, ha comportato non tanto la radicale sostituzione degli antichi sostegni quanto, piuttosto, una modifica sostanziale del loro diametro di base. Si spiega così, forse, la notevole svasatura che caratterizza le colonne all’altezza di circa un metro da terra e che, a ben vedere, regala l’impressione di un equilibrio statico precario o, per così dire, di un esperimento tecnico azzardato e fortunato allo stesso tempo. Contemporaneamente alla sopraelevazione della quota delle navate, e dunque alla creazione di un nuovo profilo a capanna in facciata, venne costruita la torre campanaria che, per il suo volume asciutto e compatto, richiama altri esemplari coevi dell’architettura locale, come il campanile della chiesa di Sant’Antonio Abate a Costarainera.

Una terza ed ultima campagna di ristrutturazione generale ebbe luogo a partire dalla fine del Cinquecento, quando si pose mano nuovamente alla fabbrica quattrocentesca per ampliarne nuovamente il respiro architettonico e nobilitarne l’ingresso principale. Data al 1585, infatti, la costruzione del porticato che si addossa alla muratura della facciata e la parallela risistemazione del selciato a “rissoli” sottostante, ovvero di una parte integrante del sagrato, mentre gli interventi costruttivi più imponenti si scalano tutti entro l’inizio del Seicento. Fra 1609 e 1613, in breve, la facciata della chiesa fu ulteriormente riformata sino a raggiungere le dimensioni attuali e, con essa, furono ampliati i fianchi laterali al fine di contenere i nuovi altari barocchi che affollano lo spazio interno e ultimata la copertura della torre campanaria.

Un cenno a parte merita l’elegante portale marmoreo che inquadra l’ingresso principale della chiesa e che reca incise un’invocazione alla Vergine (“Madre sei figlia e sposa dell’Eterno”) e la data di esecuzione, il 1621. Si tratta di un episodio raro nel panorama dell’architettura religiosa dell’Estremo Ponente Ligure poichè le linee classicheggianti del portale, concepito come un arco trionfale sostenuto da lesene e plinti in cui sono incastonati marmi e pietre screziate di provenienza genovese, si addicono meglio a una dimora patrizia piuttosto che a un tempio cristiano. Un’opera che la dice lunga sulle disponibilità economiche di alcuni privati cittadini che, all’indomani della caduta del dominio feudale dei Lingueglia (1609), si fecero promotori della fondazione, della dotazione e dell’arricchimento scultoreo e pittorico delle cappelle laterali.

Un altro gioiello incastonato nel portale seicentesco della chiesa parrocchiale è la primitiva porta in lamiera chiodata e la singolare decorazione del suo chiavistello, foggiato a guisa di una testa di lupo. Si tratta, ancora una volta, di un’opera di assoluto valore artistico che, al pari dei battenti cinquecenteschi del portale maggiore di San Pietro, documenta l’impellente necessità di protezione invocata dagli abitanti del Ponente Ligure in epoca di incursioni turche. Non è un caso, dunque, se abbiamo notizia di un lungo lavoro di rinforzo dei battenti del portale che prese avvio già a partire dal 1595 e che, dopo l’acquisto dei materiali nel 1624, si concluse solo nel 1644, complice la guerra fra la Repubblica di Genova e il Ducato di Savoia.

All’interno, la chiesa riflette la sequenza delle stratificazioni murarie della facciata: l’impianto maturato in epoca medioevale, con una porzione delle colonne due-quattrocentesche in vista; la linea dei fianchi quattrocenteschi e il loro ampliamento seicentesco; e, infine, la traccia degli affreschi, i dipinti e gli stucchi cinque, sei e settecenteschi che rivestono l’interno. Particolarmente pregevole, sotto questo punto di vista, appare la sequenza di altari in marmi policromi di alcune cappelle laterali (l’altare di San Giuseppe, 1648-1649; la macchina d’altare di San Clemente, 1762; o l’altare della Madonna delle Grazie, 1775) e dell’altar maggiore (1708). Da segnalare, inoltre, il tabernacolo marmoreo quattrocentesco che è murato all’interno del presbiterio, dove fra eleganti foglie bitorzolute emerge la sagoma patente di un Cristo deposto di marca gagginesca, e, infine, un’interessante quadreria settecentesca nel quale si riconoscono le firme delle principali famiglie di artisti ponentini (su tutti i Niggi e i Carrega).

Stefano G. Pirero